Il Sangiovese è sicuramente il vitigno a bacca nera più emblematico della viticoltura italiana: coltivato in diverse regioni, dalle sue uve nascono vini di qualità oggi diventati delle vere e proprie icone enologiche internazionali.

IL VITIGNO PIÙ COLTIVATO

Forse non tutti lo sanno ma, attualmente, il Sangiovese è di gran lunga il vitigno più coltivato in Italia e, con una superfice di oltre 70.000 ettari, interessa il 10,8% dell’intera superfice vitata nazionale.  

Molti indizi fanno credere che alla sua crescita e diffusione possano aver contribuito in maniera determinante i monaci della congregazione Vallambrosiana congiuntamente a quella Camaldolese che, come noto, erano abili viticoltori e vinificatori.

Oggi la sua coltivazione è concentrata nelle regioni Toscana, Puglia, Emilia-Romagna Umbria, Campania e Lazio.

LE ORIGINI DEL SANGIOVESE

Sebbene presente nelle principali aree viticole del crinale appenninico dell’Italia centrale, sono solamente due le regioni che se ne contendono storicamente la natalità: Toscana ed Emilia Romagna.

Sulle sue origini sono state formulate molte ipotesi, la più romantica delle quali lo vorrebbe come il vitigno degli Etruschi.  Pur essendo innegabile la congruenza tra l’areale di diffusione del Sangiovese e quello dell’antico popolo che dominò la Penisola, è necessario compiere una notevole forzatura per affermare con certezza che in Etruria, perciò nel Centro Italia, si bevesse proprio questo vino. Infatti, se consideriamo quanto sia difficile, spesso impossibile, conoscere la storia recente della maggioranza dei vitigni, lo spingerci oltre 2.500 anni fa – o, come sarebbe meglio dire, oltre 2.500 vendemmie fa – ci conduce nell’ambito del probabile, ma sicuramente non verificabile.

INCROCIO TRA CILIEGIOLO E CALABRESE DI MONTENUOVO

A ridimensionare drasticamente la simpatica e campanilistica diatriba tra Romagna e Toscana, ci hanno pensato il progredire della genetica, ovvero l’analisi del genoma (il DNA), nonché, in modo determinante, i recenti studi del botanico svizzero José Vouillamoz.

Le ricerche di questo studioso hanno infatti dimostrato, con buona pace di toscani e romagnoli, come il Sangiovese derivi dall’incrocio tra il rosso Ciliegiolo e un vitigno meridionale: il Calabrese di Montenuovo. Quest’ultimo è stato scoperto fortunosamente in un’azienda campana dove se ne contano poche decine di piante e con tutta probabilità proviene dalla Calabria.

Sul dove e sul quando l’incrocio sia avvenuto non ci è però dato sapere, per cui resta spazio sufficiente per dar sfogo alle più svariate ipotesi, siano esse plausibili o puramente fantasiose.

DISCORDANZE SULL’ORIGINE DEL NOME

Anche il nome “Sangiovese” è oggetto di ampio dibattito, dal momento che pure in questo ambito esistono tante ipotesi e poche certezze. Secondo alcuni autori propensi a considerare la Toscana come terra natale del vitigno, il nome deriverebbe da «sangiovannese», in quanto originario di San Giovanni Valdarno. Per contro, secondo coloro che lo considerano romagnolo, deriverebbe invece dal Monte Giove, presso Santarcangelo di Romagna.

Attualmente l’ipotesi più accreditata − e accettata dagli studiosi − è però quella secondo la quale «giovese» derivi dal latino jugum, ovvero «giogo», come esplicito riferimento all’ondulato profilo delle colline dell’Appennino Tosco-Romagnolo dove il vitigno prospera.

IN VIGNA

In linea generale, il Sangiovese è un vitigno caratterizzato da elevata vigoria e da buona capacità produttiva; entrambe risultano però fortemente condizionate dalla fertilità del terreno e dalla disponibilità idrica. La maturazione è tardiva, a riprova delle origini meridionali del vitigno, per cui predilige gli ambienti caldi e soleggiati.

IN CANTINA

Tra le caratteristiche più importanti del Sangiovese, oltre alla buona produttività che ha contribuito in passato alla sua diffusione, vi è la spiccata versatilità, che lo rende adatto a produrre una gamma ampia di tipologie di vino.

Infatti, nonostante gli enologi lo considerino non particolarmente facile da trattare, dalla sua uva si producono vini novelli, vini rosati dai profumi intensi, vini di pronta beva (rossi leggeri, dotati di buona freschezza e adatti a essere consumati giovani), fino ai vini da lungo invecchiamento che lo hanno reso famoso in tutto il mondo.

La colorazione del Sangiovese, che viene favorita da un’elevata escursione termica tra giorno e notte, risulta in genere non particolarmente intensa ed è accompagnata da una buona acidità e da tannini tendenzialmente vivaci.

IN TAVOLA

Il Sangiovese giovane si sposa bene con affettati, pasta al ragù, formaggi giovani e carni grigliate, mentre il Sangiovese riserva viene solitamente abbinato a carni stufate, alla fiorentina e a formaggi invecchiati.

Ecco qui una ricetta con cui metterlo subito alla prova: Pasta al ragù piccantino!